LA PERDITA DI UNA PERSONA IMPORTANTE FA MALE
Spesso, una perdita importante ci spinge, passato il periodo più doloroso del lutto, a cercare di dare valore anche alle esperienze più dolorose. E’ per questo che abbiamo aperto questo spazio di riflessione e suggerimento: pensiamo infatti che molti si possono ritrovare e rispecchiare in queste voci che parlano del desiderio di dare valore all’esperienza della perdita e continuità alla presenza dell’altro.
““Quando è morta mia madre, e subito dopo mio padre, mi sono ritrovata catapultata in un mondo incomprensibile, inimmaginabile, non più desiderabile. Vivevo da poco all’estero, non conoscevo nessuno. Questo dolore nuovo, sconosciuto , ostile che mi abitava non sapevo a chi raccontarlo, non sapevo cosa fosse, come uscirne. Sono stata rabbiosa, chiusa, piangente, per mesi. E’ stato l’incontro con un piccolo gruppo di auto aiuto che mi ha aiutato, passo passo, a ritrovare la mia strada, a fare i conti con questa perdita tanto difficile. Quando poi sono stata meglio mi sono detta “cosa posso fare perché altri non si sentano soli, sperduti, quanto mi sono sentita io? Perché abbiano un luogo dove essere ascoltati, dove potersi confrontare con altri immersi in un dolore simile?” E’ cosi`’ che mi sono impegnata come volontaria nel Gruppo Eventi e spesso penso che sono i miei genitori che mi ci hanno portato: indirettamente, pero’, perché loro mai parlavano della morte o delle loro emozioni più forti.” Eleonora, 49 anni”
Spesso, trascorso un primo lungo e drammatico periodo di disperazione, quando si comincia ad integrare la morte della persona e a fare i conti con la sua assenza, si prova il desiderio di offrire le proprie risorse (affettive, emotive, di competenze, finanziarie, organizzative…..) a favore di un progetto, di una iniziativa che porti un senso di continuità con chi abbiamo perso e che dia alla nostra esperienza di perdita un “valore” da portare fuori di noi stessi, verso gli altri.
Uscire dalla propria sofferenza e muoversi verso un impegno che trasformi il legame con chi si è perso in disponibilità ed impegno nei confronti degli altri, è un primo indizio di svolta, segno che la ferita della morte dell’altro comincia a cicatrizzarsi. Non si tratta tanto di “dare senso alla propria sofferenza” perché un senso quella sofferenza lo ha, proprio come reazione e segno profondo del legame che resiste nel tempo. Piuttosto, si tratta di non perdere il valore e l’insegnamento che da quella sofferenza ci deriva: il dolore per il vuoto che l’altro ci ha lasciato, il senso di colpa “per essere, noi, ancora vivi” possono essere trasformati in debito e responsabilità, in un impegno che ci permette di allargare lo sguardo e la prospettiva dal dolore nostro al dolore del mondo, dall’amore per l’altro, perso, all’amore per gli altri. E poi, si tratta anche di portare nel mondo, e mettere a seminare, l’”eredità” che l’altro – direttamente o indirettamente – ci ha lasciato.